Comelico Cultura    

I FANTASMI DEL PERALBA
Di Italo Zandonella Callegher

Montagna bellissima, dorata dal sole qual corno dogale, il superbo Peralba domina e protegge la perla, la gemma più preziosa del Comelico: Val Visdende. Un ruscello, in alto Oregone, in basso Cordevole o Piave di Visdende, scaturisce dalle rocce occidentali del monte, scende veloce per le  groppe sassose e subito s’ingrossa, s’impenna, rimbalza, precipita, cozza, si gira e rigira, gioca col tempo, con i sassi, con le radici contorte degli alberi assetati…   Dall’altra parte, oltre il col Canéa, un altro rio gemello, Piave di Sappada, divalla capriccioso per la Val Sesis, bagna la Conca del Sole, s’abbatte furioso nell’Orrido corroso dell’Acquatona e abbraccia il fratello, perduto nelle viscere profonde della grande scogliera, or ora ritrovato. Insieme concepiscono il Piave, il fiume delle Dolomiti divenuto famoso che corre, saltella, discende impetuoso sull’umide falde dell’omonimo bacino. Val Visdende: verde smagliante, isola di boschi millenari, prati e pascoli grandiosi,  regno della pace e del silenzio solo turbati dallo scorrere dell’acque e dallo scampanellio delle mandrie, dal lavoro umile degli uomini, dalla vita di sempre.  Val Visdende: …Inno al Creatore…, inno alla vita, alla natura, alla libertà…   Ora si dice  che in illo tempore, alcuni boscaioli fossero stati adibiti al trasporto delle taie – tronchi d’abete- dalla soprastante zona di Col della Varda a Piè della Costa passando per i pascoli di Chivion.  – Oh… tira! Oh.. tira! –gridava il capo squadra accompagnando coi movimenti il ritmo della voce. Le taie arpionate col zapin e tirate da baldi giovanotti sul fior degli anni, di metro in metro s’avvicinavano al punto in cui, sospinte e convogliate nella tradizionale calada, scendevano rombando verso valle. Poi a trascinarle erano i cavalli e infine, gettate nel fiume, fluitavano al Cidolo di Perarolo.  – Non credo di star bene oggi – si lamentò uno dei giovani drizzandosi malamente ed appoggiandosi al zapìn.  – Cos’hai? Non avrai mica fame per caso? Ti sei divorato una mezza polenta poco fa. Debolezza non può essere di certo…  - Appunto. Forse sarà la polenta o il formaggio troppo pesante, Ma… perbacco,  guardate, guardate anche voi.  Dai! Presto, osservate la parete del Peralba, là verso il centro, a sinistra di quella striscia nera che forse è un colatoio. No no, più in là. Proprio nel mezzo sotto il tetto giallo. Eccoli eccoli! Li vedete? Si muovono ancora. Li vedete? Ditemi di si altrimenti impazzisco.  Si fissarono gli amici l’un l’altro.

Rispettavano troppo quel serio compagno di lavoro sempre primo in tutto, sempre il migliore, per non dargli retta.

E così guardarono in alto, la mano sopra gli occhi per coprire un raggio di sole che filtrava dal bosco. Spostarono una fronda; un calabrone volò via… e riprese la ricerca! Poi due di loro trasalirono.  Avevano visto bene, non c’erano dubbi. Lassù sulla parete della grande montagna, fra le livide e biancastre placche striate di nero, nel canale ertissimo che portava  direttamente in vetta, c’erano quattro uomini, boscaioli come loro, che trascinavano per la muraglia un grosso tronco d’albero, una tàia d’abete. Rivolsero nuovamente lo sguardo a quei punti mobili, misteriosi come fantasmi, sospesi nel vuoto impressionante delle crode. Si, era vero! Lassù c’era qualcuno. Luccicavano ogni tanto al sole gli uncini   di ferro per il trasporto della legna. Si chiesero chi poteva essere e perché trascinassero così stranamente, cosi incredibilmente tra cielo e terra, un tronco lassù. Poi si sedettero sudati, spaventati dallo strano evento. Un loro compagno che non era riuscito a scorgere  nulla li derise, li pregò di tornare alla realtà, giurò che là non potevano vivere degli uomini.  Ma resosi conto di non essere creduto finse, com’era sua abitudine, e scrutò nuovamente il Peralba.

- Forza  forza amici- gridò ai crodaioli che pur non vedeva – che domani verrò anch’io ad aiutarvi.  Poi rivolto ai compagni seduti: -Siete contenti ora? Dai, andiamo al fienile che si fa tardi. Una bella dormita ci farà bene.  Ma durante la notte il giovane incredulo si sentì talmente male da morire quasi subito. Al mattino, dirigendosi i reduci verso il loro villaggio ed attraversando la piana fantastica di Val Visdende, notarono nuovamente   sulla parete del Peralba le sagome chiare  e distinte dei boscaioli intenti al traino del tronco.  Ma non erano più in quattro.   Una quinta persona, che parve loro di conoscere, s’era aggiunta alla comitiva.  Una nuvola rossigna coprì la parete ovest del Peralba…