Comelico Cultura    

IL RISIGANTI
Di Italo Zandonella Callegher

Un vociare roboante di folla spaventata, delle grida d’aiuto e alcuni passi veloci di fuga fecero balzare sulla seggiola d’abete il povero sarto di un villaggio, non si sa quale, in Comelico. Spostò le tendine che coprivano le grandi finestre del tinello, rovinò – e subito si pentì la ragnatela dell’amico aracnide e fra i vetri affumicati dal lavorio del focolare scorse sulla piazzetta uno spettacolo desolante. L’omaccione dei boschi, il Risiganti, era tornato;  aveva insistito sulle solite caraffe di vino ed ora si divertiva, ma era l’unico, a gragnolar di pugni e calci qualsiasi persona o animale che si trovasse sul suo cammino. Ogni volta era così.  Anzi sempre peggio andavano le sue scorribande in paese da quando una bionda pastora gli aveva negato l’amore. E la gente ne era terrorizzata. Grande e grosso come un  cembro, robusto come un faggio di  Cianei ma ignorante come una talpa, sfidava chicchessia e nessuno era riuscito a domarlo o a farlo ragionare. L sua casa era nel bosco, un vecchio tabiè mezzo di legno e il resto in sassi e scaglie della Spina, la solitudine completa. Non poteva che essere così. Non si può continuare  in questo modo, borbottò il sarto. Devo fermarlo prima che distrugga il paese. Gliela farò vedere io a questo prepotente. E s’acquattò in un angolo a pensare come avrebbe dovuto agire. Il ragno, intanto, iniziò la sua opera di ricostruzione. Partì dunque un giorno il sarto, c’era ancor buio e, seguendo i dolci declivi montani, giunse nel bosco del Risiganti mentre la lastra del cielo andava via via  perdendo il colore dei vetri di casa sua e il sole baciava la punta dei larici. Aveva con sé una ricotta, alcuni sassi bianchi grossi come un pugno e in mente il piano d’azione completo. Salì svelto metà di un albero, come passò l’uomo gigantesco, lasciò cadere la ricotta. Turbato e incuriosito il Risiganti guardò il latticino molle e bianco, lo toccò, l’assaggiò…ed era vero! Volse il tondo viso rossiccio alle fronde e chiese: -Ehi! Verme, cosa fai nel mio bosco? Lo sai che non puoi! -Lo so, balbettò il sarto, - ma son qui che da questi sassi bianchi ricavo della ricotta. Vuoi provare anche tu? Buttami un sasso, dannato omuncolo o sradico l’albero e ti faccio a pezzi. Buttalo!  L’omino non si fece pregare e lasciò andare un ciotolo, subito raccolto dal gigante che provò istantaneamente a ricavarne ricotta. Lo girò e rigirò fra le mani robuste e grosse come la pala di un badile, lo accarezzò con la gentilezza di una ruspa, lo premette e lo sbriciolò, ma senza esito alcuno. Infine, seccato alquanto, ma rassegnato e quasi buono, invitò l’uomo a scendere. –Vieni giù. Non ti faccio nulla. Anzi propongo un gioco migliore del tuo. Sei più bravo di me a far ricotta e hai vinto. Ora ti sfido al gioco delle bocce. Ci stai? Vedendo quelle palle di ferro grosse come la testa dei Risiganti e pesanti ancor più- dato che il metallo è più pesante del legno- il sarto pensò che doveva giocare d’astuzia altrimenti per lui sarebbe finita in anticipo l’appena iniziata carriera  di liberatore e salvatore dei deboli. –Se io prendo queste bocce in mano, disse il sarto, te le scaglio talmente lontano che non le troverai più. Lo sai che faccio cose incredibili: vedi la ricotta, per esempio. Il Risiganti, stupito come nessun altro, pensò se credere o meno a questa storia poi, sicuro di battere in un modo o nell’altro quella spanna d’uomo, si convinse a cambiar argomento. –Va bene- sbottò l’ingenuo – mettiamoci a spaccar legna. Prendiamo i cunei e la mazza e chi fa più pezzi in un’ora ha vinto. Poi a colpi frenetici iniziò per primo, ruppe un tronco d’abete con l’ausilio del cuneo e si apprestò ad incastrarne un altro. Ma improvvisamente senza farsi scorgere, il sarto urtò il primo cuneo che uscì dalla sua sede mentre la spaccatura ritornava al suo posto imprigionando le mani del Risiganti. – Presto presto, -lamentò quest’ultimo- prendi  la mazza e rimetti il cuneo. Non vedi che sono rimasto imprigionato?  _ Lo vedo, lo vedo. E ci resterai per sempre- gridò l’omino dell’ago e filo correndo verso il paese a dare la buona novella.   Subito  si formò una processione di uomini e donne, prete e gendarmi, con corde e funi, bastoni e forche e ogni altra cosa utile condurre in prigione il cattivo elemento. Ma giunti nel bosco non trovarono più il Risiganti. Al suo posto sorgeva un enorme macigno con in alto due grossi fori rocciosi.  Da essi uscivano copiosi rivolo d’acqua, lucente e cristallina, come fossero lagrime. Più in là un tronco d’abete spezzato era arrossato di sangue…