In
quel periodo (1937) c’era la festa annuale del «fascio». Partivano
volentieri per S. Stefano ragazzi e ragazze in costume ed in buona
compagnia musicale. Dopo le cerimonie, si potevano finalmente sgranchire
mente e gambe nella maniera più tradizionale. Da parte sua, il clero
combatteva con durezza il ballo, ritenuto inevitabile causa di peccato. I
giovani invece pensavano che il peccato fosse così veniale da non turbare
tanta spontanea allegria.
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