Comelico Cultura    

TOPONIMI DELLA VAL COMELICO*  
A cura di Piergiorgio Cesco-Frare

Vogliamo credere che tra coloro che percorreranno gli itinerari di questa guida, che si snodano in un ambiente tanto vario anche sotto l'aspetto culturale, vi sarà qualcuno portato ad interrogarsi sulla corretta pronunzia e sul significato dei nomi di luogo che andrà via via incontrando, sul tipo di parlata da cui essi provengono, sulle storie che ad essi si accompagnano. A costoro è dedicato questo necessariamente succinto capitolo. La materia non è sempre di facile esposizione soprattutto se, come nel nostro caso, non è possibile fornire una trattazione completa e sistematica. Abbiamo scelto perciò di proporre un breve viaggio toponomastico che attraversa le due aree, la sappadina e la comeliana, passando in rassegna i nomi dei paesi, dei corsi d'acqua e dei monti che, tra quelli citati nella cartografia al 25000 dell'I.G.M. e nei suoi derivati, più si prestano ad un commento storico-etimologico. La speranza è che questo percorso, pensato come sussidio agli "itinerari fuori porta", possa essere interessante e godibile comunque, anche stando comodamente in poltrona.  

*Le interpretazioni etimologiche dei toponimi del Comelico, alcune delle quali inedite, sono dovute in massima parte all’eminente glottologo prof. Giovan Battista Pellegrini. I nomi della conca di Sappada sono stati verificati con Alberto Piller. Ad entrambi va il nostro più sentito ringraziamento. 

*   *   *

Deutonici atque Latini.

Che il Piave - il fiume veneto per eccellenza - cominci suo viaggio tra i monti con un nome che, come vedremo, suona tedesco, non deve stupire. Nella regione attorno al monte Peralba (da petra 'pietra, monte' e alba 'bianca'), da cui esso ha origine,  nel corso dei secoli si sono infatti incontrate, scontrate e mescolate genti latine e slave e germaniche. Buoni testimoni di ciò sono i paesi, i monti e le acque circostanti con i loro nomi e la loro storia. Ad esempio il fiume che in tedesco si chiama Gail e che è la Zéglia degli italiani e la Zilja degli slavi. Oppure il paesino carinziano di Luggau: nome di origine slava (significa 'palude'), abitanti di ceppo germanico, pascoli un tempo appartenuti ai comeliani. O ancora l'austriaca valle di Frohn a nord del Peralba, che deriva il suo nome dall'antica Veranes (probabilmente dal latino voragines), alpeggio di gente della Carnia.  Ed anche lo stesso Lesachtal, toponimo derivato da un termine slavo che significa 'bosco'. E si potrebbe continuare. Ma torniamo al Piave, il cui nome viene connesso con la radice indeuropea *plow- 'scorrere', che sta, ad esempio, anche alla base latino pluere 'piovere'. Ebbene esso, dicevamo, nasce tedesco: dr Pòch 'il Rio' lo chiamano infatti famigliarmente gli abitanti germanòfoni della conca di Sappada. Lasciata la quale esso - precipitando nell'orrido dal nome suggestivo di Acquatòna, che evoca il rimbombare delle acque nella forra - si distende in una più grande vallata dove riceve il nome neolatino di Piài. Siamo in terra di Comèlico. Sappadini e Comeliani dunque: venuti i primi dalla regione degli Ultramontani Alemanni posta a settentrione di quella Zeglia che segnava il confine del patriarcato di Aquileia; i secondi discendenti degli antichi pastori transumanti dal Cadore centrale, venètico e celtico prima ancora che romano. Tewtschen und Wälischen, Deutonici atque Latini, come sono indicate nei documenti medievali le rispettive etnie di appartenenza .

SAPPADA

Da Longaplavis a Pladen.

Dicevamo della peculiarità linguistica di Sappada. Qui si parla infatti un dialetto - detto plódarisch dall'etnico plódar 'sappadino' - che rappresenta un'isola del bavarese meridionale. Esso è stato sistematicamente indagato dalla studiosa austriaca Maria Hornung, la quale nel 1971 ha dato alle stampe un dizionario sappadino-tedesco, recentemente uscito anche in edizione sappadino-italiana. Per quest'opera l'autrice si è avvalsa di abbondanti materiali in precedenza raccolti dallo studioso locale Pietro Sartor Schlossar. Grazie al plurisecolare e pressoché totale isolamento dal mondo germanòfono, la parlata di Sappada ha conservato notevoli caratteristiche di arcaicità in base alle quali solo (mancano prove certe di altra natura) è dato stabilire l'origine e la cronologia della colonizzazione della valle da parte dei suoi attuali abitatori. L'analisi linguistica  porta a concludere che il nucleo originario tedesco si sarebbe installato qui nella seconda metà del XIII secolo provenendo dalla Pusteria (con tutta probabilità dalla zona attorno a Sillian) inserito in una corrente migratoria verso sud-est che si sviluppò sulla direttrice della valle della Gail. È già stato inoltre giustamente osservato dalla stessa Hornung che la toponomastica originale del territorio sappadino è quasi completamente  tedesca, essendo pochissimi i nomi di luogo con base romanza (cadorina o friulana), e che dunque il luogo non era - salvo prova contraria - abitato stabilmente in precedenza, bensì usato solo stagionalmente come pascolo da pastori transumanti.

 

COMELICO

Communegans.

Il comeliano - come oggi si tende a dire, ricalcando l'etnico locale comeliàn, invece dell'ufficiale 'comelicese', dell'àulico 'comelicense' o dell'antico e, in fondo, più corretto 'comelicano' - è un dialetto del gruppo ladino centrale.
Già nel 1873 G. I. Àscoli nei suoi "Saggi Ladini" aveva ben individuato la posizione della parlata del Comèlico, la quale all'interno del dominio linguistico ladino - come egli scrive - «rannoda in mirabil guisa, dall'una parte, la sezione centrale a cui decisamente spetta, con l'orientale [il friulano n.d.a.]; e risente insieme di quei fenomeni, che lungo il Piave ci condurranno alla pianura veneta».
Dobbiamo però a C. Tagliavini il primo ed ancor oggi insuperato studio del 1926 sul dialetto comeliano ed i successivi contributi editi negli anni 1942-1944. Egli, confermando la collocazione data dall'Àscoli all'idioma del Comèlico nel quadro ladino, aggiunge però una suddivisione fondamentale - basata principalmente su criteri fonetici - tra comeliano occidentale (parlato nei comuni di Danta, Comèlico Superiore, S. Nicolò e nei paesi di S. Stefano e Casada) e comeliano orientale (Campolongo Costalissoio e tutto il comune di S. Pietro).        
Successivi approfondimenti di G. B. Pellegrini e A. Zamboni hanno meglio delineato le suddivisioni della cosiddetta "sezione centrale" del ladino, all'interno della quale il comeliano occupa una posizione autonoma nell'ambito del "ladino cadorino". 

*   *   *

Se alla conca di Sappada il nome di Pladen viene da quel suo essere tutta distesa lungo corso del Piave, Comelico (così attestato già in un documento del 1186) si rifà, con molta probabilità, al concetto di “collegamento” che è intrinseco alla posizione storico-geografica del territorio posto a cavallo tra Cadore, Pusteria e Càrnia. I linguisti vedono infatti nel suo nome un riflesso di communegans 'comunicante'.
Riprendendo dunque a seguire il corso del Piave, due nomi di paesi comeliani si offrono subito al nostro interesse. Per primo Presenaio (localmente Pardnèi) attestato nell'a. 1278 come villa de Pragenario: pare  evidente una formazione con pratum (pra) e ienuarius (in comeliano antico dnèi 'gennaio'). Quest'ultimo potrebbe essere il personale Ienuarius 'Zennaro' versione veneta di 'Gennaro' (quindi 'il prato di Zennaro') ma non sembra del tutto infondato pensare ad un derivato da ianua 'porta' col significato di 'luogo ove la valle si chiude'. Poco a valle di Presenaio incontriamo Mare (Mar, a. 1258 Mare), il cui nome viene probabilmente da un termine che risale all’indeuropeo *marra 'palude'. Oltrepassiamo il Rio Rin (una ridicola ripetizione della toponomastica ufficiale: rin è infatti il termine in uso nel Cadore orientale per 'rio' 'torrente', che, attraverso un indo-europeo *reinos, ci porta nientemeno che al fiume Reno di Germania) e lasciamo il comune di San Pietro, un tempo detto di Oltrerino, per entrare in quello di Santo Stefano. A ciascun comune corrisponde un capoluogo con lo stesso nome, come è anche per San Nicolò che incontreremo in seguito risalendo il corso del torrente Pàdola. Benché i nomi di questi centri in sé non offrano spunti particolari sul piano etimologico, pure merita di soffermarvisi. In un documento del 1278, che tratta di una controversia per la monticazione sugli alpeggi di Visdende tra le ville 'villaggi' della regola di San Nicolò di Comelico e quelle delle regole di Santo Stefano e San Pietro, appare chiaramente che non esistevano abitati col nome di S. Pietro, S. Stefano e S. Nicolò. Questi erano i nomi delle rispettive vicìnie o regole (comunità) ma non di una villa. Lo stesso documento offre il destro per fare alcune interessanti congetture sugli antichi abitati del Comelico: esso, per fare un esempio, cita una villa detta Padula Sancti Stephani e si può fare l'ipotesi che il luogo ove sorge ora il centro del paese di S.Stefano fosse in effetti chiamato Padola (detta di S. Stefano poiché che ivi sorgeva la chiesa dedicata a questo santo ed anche per distinguerla dall'altra Padola di Comelico Superiore: a. 1242 de Padula Superiore!). Non abbiamo indugiato sui nomi dei paesi di Valle (Val) e Campolongo (Cianplòngo), che si spiegano da sé, come non serve che ci dilunghiamo su quelli di Costàlta (Costàuta) e di Còsta, nei quali è chiaro l'uso  del termine anatomico 'costa' ('còstola') col significato metaforico di 'fianco del monte', come la posizione dei due paesi lascia ben intendere. Così è pure in Costalissòio (Costlisegn, a. 1278 villa de Costalixoio; a. 1281 Costalisono), in cui ravviseremmo un composto con un derivato di lissa ‘pendio ripido’ e anche 'canale per portare a valle fieno o legname'. Inoltrandoci nella valle del torrente Pàdola per risalirne il corso, alto sulla nostra sinistra resta il paese di Danta ( a. 1278 villa de Anta). Non è da escludere che l'origine del nome sia il latino anta 'pilastro, stipite della porta' che ha assunto vari significati tra i quali quello di 'asse' 'tavola' passato poi ad indicare un tratto di campagna (con lo stesso trapasso semantico di tabula che dà in comeliano tavéla 'campagna attorno al paese'). Sul fondo della valle stanno Casada (Ciadàda, un derivato di casa), Campitello (Cianpdél diminutivo di campus) e Géra (a. 1278 de villa de Glera, da glarea 'ghiaia' come bene spiega la sua posizione alla confluenza dei due torrenti Pàdola e Digón). Candìde (Ciandìdi,  a. 1186 Candidas) domina dall'alto sullo sperone tra le due valli fluviali. Il nome è un plurale femminile e viene probabilmente da *candite (terrae?) dal lat. candeo che esprime il significato sia di luminosità che di calore (cfr. il veneto incandìo dal sol 'riarso' ed anche il comeliano l saróio incandìs 'il sole brucia'): si può pensare all'esposizione favorevole del luogo. Condizione di cui certo non beneficia Sopalù (a. 1317 de subtus palude), posto sotto l'antico abitato, ora scomparso, di Palude che stava su quello che oggi si chiama ancora Còl d Palù sotto Candide verso Dosoledo. Senza soluzione di continuità con Candide, Casamazzagno (S'ciamazégn, a. 1213 Casa Maçani) si estende sul costone dove evidentemente in origine era l'abitazione di un tal Mazagno (personale attestato p. e. nell'a. 1365: Paesius q. Mazagni de Casamazaio). Poco oltre troviamo Dosolédo (Dudlè, a. 1278 de Dasoledo de Comelico; a. 1365 de Axoledo), toponimo questo  costruito con acidula - in comel. dèdla nome del Rumex acetosa L. - ed il suffisso -etum che esprime il significato di collettivo: dunque un fertile prato ricco di acetosella. Chiude la rassegna dei paesi Pàdola (Pàdule a Pàdola; Padla negli altri paesi del Comelico; a. 1214 de Padula; a. 1242 de Padula Superiore). Certamente da patulus 'aperto, che sta aperto' e anche 'esteso, ampio, largo', il che si attaglia perfettamente al paese ed anche al luogo della Pàdola di S. Stefano sopra citata, ma non al torrente omonimo. Questo avrà preso il nome dall'abitato, o meglio da uno dei due abitati. Si noti che in loco (a Pàdola e Dosolédo) il torrente è conosciuto come l Gèu, l Giòu  'il Rio' per antonomasia (stessa sorte del Piave a Sappada!). Ma è risaputo che i corsi d'acqua secondari spesso non hanno nomi specifici e sono designati col nome generico di "acqua" più un termine di specificazione (potrebbe essere quindi originariamente "l'acqua di Pàdola"). Queste considerazioni valgono tanto più per il Digón ed il Cordevole, come si vedrà in seguito.
Questo luogo patulus 'aprico' ci permette di gettare uno sguardo sulle vette circostanti dei monti del Comèlico. A mezzogiorno chiude l'orizzonte la lunga teoria di cime delle Tèrze e dei Brentóni. Il nome Tèrze potrebbe venire da hora tertia, cioè le nove di mattina nel sistema orario medievale, ed essere il relitto di un 'orologio solare' dei pastori dei piani di Danta, da dove si vede il sole sovrastare, a quest'ora del giorno, il gruppetto montuoso. Il quale racchiude nel suo seno il vasto bosco della Dìgola posto a cavallo tra la valle di Sappada e la comeliana Val Frisón. Un tempo alpeggio di proprietà della regola cadorina di Lorenzago, esso nei vecchi documenti è denominato Lidiula, Lidivola e simili. Queste antiche attestazioni del nome permettono di postulare una formazione aggettivale di lida 'melma' 'fango' (in comel. léda 'creta'), che indicherebbe in sostanza la natura melmosa del suolo. L'ipotesi è suffragata dalle condizioni del terreno del passo della Dìgola, sito in realtà ricco di fango, da cui ha ricevuto probabilmente il nome l'intera zona. Brento, con i suoi derivati tra cui il nostro Brentóni, è termine alquanto diffuso nella toponomastica alpina come metafora - che richiama il mastello - per indicare conche naturali nel terreno. In questo gruppo montuoso ben più interessante è il nome del  Monte Crìssin (comel. Crìzi; a. 1519 Croda de Crizzui): crizi, termine di cui oggidì si è smarrito il significato, nell'antico dialetto vuol dire 'precipizi' 'luoghi pericolosi' 'burroni'. Sfiorate appena le dolci ondulazioni dei prati di Zóvo (da jugum 'valico di montagna' come l'omonimo monte sopra Costa e la vicina forcella che mette in Visdende), ecco che lo sguardo incontra l'imponente catena che segna i confini occidentali del Comèlico. Siamo al cospetto del gruppo del Popèra, tanto rinomato per le vicende di guerra e di croda di cui le sue pareti sono state testimoni. Il suo nome (comel. Poipèra e Npoipèra; a. 1436 il monte di popera), che per le nostre orecchie ha ormai un suono epico, deve le sue origini ad un umilissimo pascolo di pecore posto npói (lat. in post) 'dietro' 'al riparo de' la pèra 'le rocce' di quello che oggi le carte indicano come il Crestón di Popèra. Il toponimo è diffuso solo in Comèlico, dove si contano altre tre località così denominate, tra cui quella che ha dato il nome alla cima Pupèra Valgrande nei Brentóni. Tra i numerosi e ben conosciuti toponimi del gruppo del Popèra citiamo Aiàrnola (Narla, a. 1314 Ayarola), nome di alpeggio di proprietà del paese di Calalzo di Cadore prima ancora che della cima ad esso sovrastante, il cui étimo è con tutta probabilità àier 'acero'.
Abbandonato il Popèra e volti gli occhi verso settentrione, ci appare l'aguzza sommità del Quaternà (comel. Cutarnà, Cutarné; a. 1213 Collem Trunadum, a. 1271 Coltrunà: 'a forma di trono' cioè 'elevato'). Esso separa la testata della valle del torrente Pàdola da quella del Digón. (a. 1216 in Dugono). Le considerazioni sull'origine dei nomi dei corsi d'acqua, esposte a proposito del torrente Pàdola, valgono a più forte ragione per il Digón, il quale deriva il suo nome dal latino medievale ducone (da ducere) 'sentiero'. Poiché risulta difficile comprendere come possa un simile appellativo essere attribuito ad un corso d'acqua, tentiamo una spiegazione. Esso era in origine "l'acqua della villa de Dugono", antico abitato ora scomparso, citato sin dal 1191 e situato con tutta probabilità sulle sue rive poco a monte dell'odierno paese di San Nicolò. A sua volta questa villa era così denominata in quanto attraversata dal ducone che conduceva verso gli antichissimi alpeggi cadorini posti di qua e di là dalla cresta spartiacque che oggi segna il confine di stato. Tra questi Melìn, detto un tempo Londo Domeglino cioè 'Londo di Domegge', antica vicìnia del Cadore centrale, dalla quale in seguito si originarono le regole di Candide e San Nicolò. Ci avviamo alla conclusione del nostro breve excursus toponomastico e da Melìn immaginiamo di salire brevemente al valico che porta in Visdénde, anticamente Visidende. Questo interessantissimo toponimo presuppone un *vicitende (da vicite termine pastorale molto diffuso in ambito romanzo), con origine comune all'italiano 'vicenda' e analogo significato di 'avvicendamento' 'turno' (nella custodia del bestiame in questo caso). Qui, dalle pendici settentrionali delle Crode dei Longerìn (comel. I Longiarìns  da *longaria 'striscia di terreno lunga e stretta'), possiamo cogliere d'infilata un'altra serie di alpeggi dai nomi antichi, cui fa da sfondo la mole del Peralba donde siamo partiti. Vediamone alcuni. Sotto di noi un altro Lòndo (a. 1278 Londo arvaglino così denominato un tempo per distinguerlo dal precedente domeglino: Arvaglo era la vicìnia di Oltrepiave da dove partì la colonizzazione del Comèlico orientale). Era detto anche Londo de Viscada (da visco 'vescovo' forse nel senso originario di 'sorvegliante') da cui l'odierna Vissada. Per quanto riguarda l'origine di Lòndo si può proporre il comel. dalònde  dal lat. de longe avv. 'lontano'. Segue Dignàs (comel. Degnàs; a. 1186 Degnasum), forse da tinea più suffisso -aceu per 'terreno arido'. Manzón con una variante dialettale Monzón, che ci porta ad un *montione accrescitivo di 'monte, alpeggio'. Più in là Àntola (a. 1362 Antola Cargnela), che era un tempo in territorio di Carnia come il seguente Chivión. Per il significato del toponimo osserviamo che àntol in comeliano significa 'piccolo appezzamento di prato' e si ricollega al nome del paese di Danta a cui rimandiamo per l'ipotesi etimologica. Infine Chivión (comel. Ciovión; a. 1351 Caueglo; a. 1623 Chiauiglion). In comeliano il ciovión  è il Nardus stricta L. (erba di alta montagna che forma dei cespi). Il nome viene da capitulum col significato di 'piccolo capo'. 

Vorremmo concludere col Piave dal quale ha preso le mosse il nostro viaggio. Una vecchia contesa circa l'origine vera del fiume di tanto in tanto riaffiora: c'è chi lo vorrebbe far nascere dal versante di Visdende del Peralba, altri salomonicamente ha deciso per l'esistenza di un “Piave di Sappada” ed un “Piave di Visdende”. Quest'ultimo è naturalmente il torrente che nella cartografia ufficiale è indicato come il Cordévole, denominazione ormai tanto consolidata quanto ingiustificata. Difatti nessun locale usa questo nome per il corso d'acqua, nemmeno dove esso in località Ponte Cordévole (comel. Cordóol) si mescola col Piave. Per i comeliani questo è il luogo dove dove l'Aga dla Salvéla incontra l'Aga dla Sapada generando la Piai (femminile: si ricordi la dantesca “Piava”). È ben vero peraltro che il principale collettore delle acque della valle di Visdende nel suo tratto pianeggiante è detto dai vecchi comeliani anche la Piài ma ciò si spiega col fatto che, se per i Sappadini il Piave è 'il Rio' per antonomasia, in Comelico invece piài è diventato a sua volta appellativo generico per indicare ogni corso d'acqua di una certa importanza (la piài dal Taliaménto era per i vecchi il fiume Tagliamento!). Sul piano storico ci pare invece assolutamente risolutiva  - per por termine alla disputa - l'antica attestazione Longaplavis che colloca il tratto iniziale del nostro fiume nella valle di Sappada.