Le
sacre fonti contese
A
cura di Piergiorgio Cesco-Frare
Nel
clima di acceso patriottismo che segue la fine della Grande Guerra, le cui sorti
si sono decise in due epiche battaglie sulle rive del Piave, si imprime
nell'immaginario collettivo dell'intera nazione il mito del "sacro
fiume". Questa la temperie in cui, nei primi anni Trenta, si sviluppa una
disputa tra i comuni di San Pietro di Cadore e di Sappada circa «la vera
sorgente del Fiume Piave». Ma quella che può sembrare una piccola questione di
campanile, monta invece sulla stampa al punto tale che alla fine decide di
intervenire lo stesso governo, il quale, attraverso il CNR, incarica
un insigne geografo dell'università di Padova, il prof. Arrigo Lorenzi,
di stabilire l’esatta ubicazione delle «sacre fonti». Va premesso che la
contesa vede alcuni sostenere un’unica origine del Piave nella valle di Sésis,
altri ammettere anche un secondo ramo per Visdende, altri infine dare solo a
quest’ultimo il nome di Piave. Del resto - come riferisce lo stesso Lorenzi -
persino tra i geografi si erano da tempo affermate le denominazioni di Piave o
Cordevole di Visdende e Piave di Sesis o Piave Propria.
L’indagine dello scienziato prende le mosse dai nomi popolari del corso
d’acqua: il ramo di Sappada è chiamato genericamente Poch ‘Rio’
dai sappadini e Aga dla Sapada ‘Acqua della Sappada’ dai comelicani,
mentre il ramo di Visdende è denominato dai locali Piài de... ‘Piave
di...’ con diverse specificazioni nei vari tratti. Per tutti, dalla
riunione dei due corsi d’acqua in giù è Piave. Nome che si trova citato per
la prima volta in Venanzio Fortunato (VI secolo) ed è di genere femminile come
attestano, tra l’altro, la dantesca Piava e le varianti dialettali
cadorine e venete. Esaminando la questione alla luce del concetto idrografico di
“sorgente”, non vi è dubbio per il Lorenzi che «il corso d’acqua che il
ragionamento scientifico conduce a considerare come principale» sia quello di
Sappada. Sul piano storico poi, egli nota che le fonti indicano sempre il «monte
Cesis, o Sesis», mai il Peralba, quale zona sorgentifera del
fiume, ed osserva che il termine monte va qui inteso non in senso
orografico bensì nel significato di “alpeggio” ed è riferito al pascolo
con casera posto alle pendici meridionali del monte Peralba. Ricorda anche che
in un documento del 1308 l’ecumene di Sappada è indicato come Longa Plavi,
étimo di Bladen, il nome tedesco del paese. Altri documenti dei secoli
successivi recano chiaramente l’indicazione di Piave per l’acqua che scorre
nella valle sappadina. La cartografia antica, a partire dal XVI secolo, «riconosce
al fiume di Sappada l’importanza di corso principale». D’altro canto, in un
atto del 1327 il principale corso d’acqua della valle di Visdende è designato
come fluvius Croduvoli, alla stregua di quanto riportato anche in
documenti seriori. L’illustre cattedratico prende infine in considerazione la
cartografia scientifica ottocentesca, nella quale comincia ad affermarsi il nome
di Piave anche per il ramo di Visdende. La spiegazione è da ricercarsi sul
piano puramente linguistico: il termine piài nel dialetto comelicano,
pur derivando dal nome del fiume, ha assunto un senso antonomastico, talché con
esso si indica ogni corso d’acqua di una certa portata. La relazione del
perito [Lorenzi, 1936] si chiude con l’apodittica affermazione che «il nome
di Piave dato al fiume certamente in epoca preromana, pure da tempo remoto si dà
al rio che incomincia sul ripiano di Sesis e passa per Sappada, tradizione
confermata da una documentazione copiosa, inoppugnabile e che non contrasta con
le interpretazioni e criteri della geografia fisica nella scelta del fiume
principale». Resta da dire, per completezza, che, dal punto di vista
strettamente morfologico-idrografico, le tesi del Lorenzi non incontrano unanime
consenso nell’ambiente scientifico dell’epoca [vedi ad esempio Vinassa de
Regny, 1934 e Boni, 1937]. Ineccepibili invece, sul piano storico e linguistico,
le sue conclusioni, che sono poi le medesime cui in parte è pervenuto -
percorrendo inconsapevolmente le stesse strade - anche l’autore di queste note
[Cesco-Frare, 1997]. L’unico appunto che ci sentiamo di muovere riguarda
semmai l’interpretazione degli antichi confini della monte di Sésis
(si veda, in merito, la scheda “Il Cadore e la Carnia alle fonti del
Piave”). A suggello possiamo porre le chiare indicazioni del primo storico
cadorino [Barnabò, 1729-32, pp. 3-4]: «la Piave […] qual ha l'origine nel
Monte Sesis delli Signori di Brazzaco di Udine, e passa per Sappada, […] nel
qual fiume vi concorrono molti altri fiumi particolari et acque […] cioè
prima il fiume Cordevole, che viene dalla Valle di Visdende».
Bibliografia
§
Barnabò G.A., Historia della provincia del Cadore, dattiloscritto
da manoscritto originale compilato negli anni 1729-32 in Biblioteca Cadorina di
Vigo di Cadore, parzialmente pubblicato in Angelini A. e Cason E. (a cura di), Oronimi
Bellunesi: Ampezzo - Auronzo - Comelico, Belluno 1993.
§
Boni A., L’alto bacino orientale del Piave - Topografia, geologia,
morfologia, idrografia, Memorie del Regio Istituto Lombardo di scienze e
lettere, Milano
1937.
§
Cesco-Frare P. et al. Escursioni Comèlico e Sappada, Verona 1997.
§
Lorenzi A., La
regione sorgentifera del Piave, Pisa 1936.
§
Vinassa de Regny, La val Visdende, ne l’Universo, anno XV
n. 6, 1934.