Comelico Cultura

 

Guida Trois

I quattro sentieri (trois), di importanza paesaggistica e culturale, fanno parte del museo diffuso Algudnei di Dosoledo, curato dal ‘Gruppo di Ricerche Culturali di Comelico Superiore’. Sul percorso complessivo di 8 Km sono posizionate 79 sculture lignee che descrivono 4 tematiche, le più significative della nostra tradizione.


 

SENTIERO DEI CONTADINI

Troi di bacani

 

 

Ha inizio presso la località Nellere, appena oltre il gruppo di fienili.

Pannello bivio Troi dli mascri-Troi di bacani. Autore De Lorenzo Buratta Avio.

Arà l cianpu. Arare il campo. L'operazione di aratura è evidenziata dalla testa del cavallo, dall'aratro e, traforato, è visibile il viso del contadino. Scultore Zandonella Maiucco Mario.

Fei pulentä. Cucinare la polenta, vivanda tipica nei prati alti, durante la fienagione. Opera di Zandonella Dino.

Giusté ristes. Riparare rastrelli. Le piccole riparazioni degli attrezzi da lavoro venivano fatte dagli stessi contadini. Artista De Lorenzo Fontana Giancarlo.

Sié li vari. La falciatura dei prati avviene due volte all'anno in fondo valle e una sola volta in alta montagna. Interpretazione di De Lorenzo Fontana Giancarlo.

Dli man dla terä. Nelle mani della terra e delle stagioni era legato il raccolto, prescindendo dalle fatiche dell'uomo. Visione di Zandonella Golin Stefano.

Tol agä. Attingere l'acqua col bicollo ed i secchi imponeva, alle volte, di percorrere distanze molto lunghe. Talvolta l’acqua sorgiva spuntava in prossimità dei fienili e veniva raccolta nella caratteristica fontana detta fistin. L'autrice è Osta Chiara.

Taié li pianti. Abbattere gli alberi. La vendita del legname delle Regole consentiva di ricavare le risorse necessarie per le opere pubbliche, l'istruzione e la solidarietà. L'interpretazione è di Zandonella Necca Daniele.

La cezä. La caccia, una volta, era una necessità alimentare. Oggi il sentimento comune pensa ad un modo più rispettoso di trattare gli animali, che prevede anche la loro assistenza, come qui rappresentato da Carbogno Erminio.

 

Scalà li tai. Portare a valle i tronchi era un'operazione pericolosa. Spesso si costruivano dei lunghi canali di legno nei quali i tronchi scivolavano senza deragliare: le risine. Scultura di Zambelli Domelin Dino.

Fei furmai. Fare il formaggio era ed è un'attività della latteria sociale nei paesi e nelle malghe di montagna. Il riconoscimento degli animali grazie alle node (particolari incisioni sulle orecchie) consentiva di attribuire il loro latte ai legittimi proprietari. De Lorenzo Tobolo Marco ne è l'autore.

Fei ontu. Fare il burro era ed è un'operazione di latteria o di malga. Nelle case la panna, raccolta in bottiglie e pazientemente agitate dai bambini, produceva noci di burro per i bisogni giornalieri. Interpretazione di Sacco Proila Claudio.

Bacanä coi fis. Mentre i genitori erano intenti al lavoro dei campi, la nonna badava ai nipoti. L’autore, Zandonella Sarinuto Andrea, ne ha avuto diretta esperienza.

Al batadoi. Il correggiato. Antico strumento manuale per battere i cereali, formato da un bastone piuttosto lungo, all'estremità del quale era legato, con una striscia di cuoio, un altro bastone, più corto e più pesante, che veniva fatto ruotare in aria e ricadere sul mucchio di spighe. La scultura è di D'Ambros De Francesco Stefano.

 

Móndi la ciaurä. La mungitura delle capre procurava il latte alle famiglie prive di mucche. Il giovane Bassanello Marco ne è l'autore.

 

Móndi la vaciä. La mungitura delle vacche, specie se più di una, procurava la più importante risorsa alimentare per le famiglie: latte, burro, formaggio, ricotta. Il siero nutriva i maiali. Scultura del giovane Festini Purlan Matteo.

 

Giavà patati. La raccolta delle patate coinvolgeva l'intera famiglia. Polenta e patate erano presenti quotidianamente nella mensa. Le patate venivano cucinate in diversi modi. Spesso però venivano semplicemente lessate e mangiate con del formaggio. Opera di Dino Zandonella.

Còi fonghi. La raccolta dei funghi è una risorsa ambita dai valligiani e contesa dagli ospiti estivi. Giacomo Festini Cromer la interpreta così.

Fei fion. I nonni dello scultore D'Ambros De Francesco Robertino ritratti davanti al loro fienile nel periodo dalla fienagione.

Guzé la fauzi. Affilare la falce. La cote, mantenuta bagnata nel suo contenitore (cudèi), ravvivava l'affilatura. L'autore è D'Ambros De Francesco Andrea.

 

Cói al lin. Per poter rimuovere la parte esterna dello stelo del lino, si procedeva alla tostatura grazie ad una prudente esposizione alla brace viva. La scultura è di D'Ambros De Francesco Robertino.

Bat la fauzi. Battere la falce. Il contadino doveva ripristinare il filo della sua lama usurato dall'uso quotidiano. Era un'operazione che richiedeva attenzione e perizia. E' la visione di Aldo De Martin Toldo.

Médi la sielä. Mietere la segala significava procurarsi la farina per il pane quotidiano. Alla segala si mescolava anche l'orzo e l'avena; in seguito si usò la farina di frumento. Lo scultore è De Lorenzo Buratta Avio.

Gramulà al lin. Gramolare il lino. Per separare le fibre tessili dalle fibre legnose del lino si faceva passare gli steli nello stretto incastro della gramola. Opera di D'Ambros De Francesco Robertino

 

Purtà al fion a tabié. Il fieno veniva portato nel fienile con i carri o, d'inverno, con le slitte. Sui carri, con il fieno, rientrava l'intera famiglia. Gasperina Geroni Alberto ha posizionato la sua scultura a casa sua, a bordo strada.

Al bolcu e la veidä. Il pastore capo ed il suo assistente portavano i bovini al pascolo seguendo una particolare rotazione delle località, che teneva conto della salute degli animali e della diversa qualità delle erbe. De Martin Topranin Fabiano ritrae delicatamente la scena.

Femnä ch filä. La filatrice lavorava sull'uscio di casa conversando con le vicine e coi passanti. Nuvole di lana si trasformavano in candidi gomitoli. Interpretazione di D'Ambros De Francesco Stefano.

Casamazzagno. Il tabellone di fine/inizio percorso rappresenta l'antica chiesa cinquecentesca di S. Leonardo. È opera di De Martin Toldo Aldo.