Anche in Comelico, come altrove, la
gente era costretta a confrontarsi con un ambiente di incomparabile bellezza ma
povero e ostile. Si riusciva a strappare alla terra prodotti oggi scomparsi:
orzo, segale, grano saraceno, fave. L’allevamento del bestiame era l’attività
primaria: bovini, pecore, capre, suini, e galline fornivano formaggio, burro,
carne e uova. Solo il granoturco, il sale , il caffè e pochi altri generi
venivano dalla pianura. La primavera dava inizio ad un continuo succedersi di
lavori: pulire e concimare i prati, preparare i campi per la semina, «monticare»
il bestiame, falciare i prati a fondovalle fìon
da vari
e di quelli di alta montagna
fìon da pra e a seguire la seconda fienagione utigoi.
L’autunno restituiva i prodotti che raramente ripagavano appieno le fatiche
profuse. Durante il lungo inverno si portava a valle il fieno e la legna da
ardere: anche il letame veniva sparso sui prati prima dello scioglimento
dell’ultima neve. La cura della stalla e la mungitura occupavano alcune ore
del mattino e della sera per quasi l’intero anno. Da parte sua «la Regola»
costituiva un importante datore di lavoro: impiegava manodopera per la
manutenzione delle strade in primavera ed autunno; costruiva in proprio ponti,
acquedotti, fognature, latterie, malghe. A sue spese edificava scuole, chiese e
campanili, ricostruiva interi paesi, sistemava nel dopoguerra strade ed
abitazioni, incentivando la gente a rendere più accoglienti le loro abitazioni.
Anche nel bosco pubblico e privato molti lavoravano duramente allo sfruttamento
del legname, fonte unica delle risorse che permettevano alla «Regola» di
finanziare le proprie opere chiedendo, quando occorreva, anche il contributo
della gente. Le donne lavoravano la lana ed il lino al debole chiarore del lume
ad olio. Gli artigiani producevano utensili d’ogni tipo trasformando legno,
pelle, ferro e pietra con perizia e buon gusto. Quasi tutto doveva essere
prodotto in valle, l’autosufficienza era un obbligo. L’esuberanza di
braccia, l’incapacità di creare occasioni di lavoro stabili diverse dalle
attività tradizionali, imponevano a troppi la via dell’emigrazione.