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La
sposa vestiva di nero, portava il velo bianco ed il grembiule di seta, la
stessa con la quale era stato confezionato anche il gilè dello sposo.
Alcune bimbe vestite di bianco, sostenevano quel velo come volessero
alleggerire il peso dei disagi ai quali la sposa andava incontro. Un
piccolo corteo seguiva il procedere lento ed imbarazzato degli sposi.
Quella cerimonia appena conclusa, aveva stabilito un indivisibile patto a
due nelle gioie e difficoltà della vita. Per la sposa quella giornata era
più avara di sorrisi che di lacrime. Coloro che non potevano concedersi
il pranzo di nozze, congedavano gli invitati all’uscita della chiesa. Un
breve viaggio in carrozza o in slitta, portava gli sposi in un «lungo»
viaggio di nozze: 24 ore a S. Stefano, forse ad Auronzo; i più ricchi
giungevano a Belluno e perfino a Venezia. Al ritorno, per la sposa si
preparava una difficile convivenza con suocera e cognate, pronte ad
esigere dall’ultima arrivata fedeltà ed ubbidienza.
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